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Sant'Antonio di Padova in resina di legno

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Sant'Antonio di Padova in resina di legno

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Resina di pasta di legno
Dettagli artistici vividi
Fede e Arte in un Capolavoro
misura
Descrizione

Sant'Antonio di Padova realizzato in resina di pasta di legno - Dolfi arte sacra; La tradizione porta la nascita della Confraternita a pochi anni dalla morte di Sant'Antonio. Questa istituzione, che è ancora molto vitale oggi, si è dimostrata meritevole sia in arte che in beneficenza.

L'8 aprile, cinquecento anni fa, la Confraternita di Sant'Antonio decise di costruire una nuova Sala Capitolare, innalzando un nuovo piano sopra l'edificio già esistente nella piazza antistante la chiesa di Sant'Antonio, adiacente all'Oratorio di Sant'Antonio. S. Giorgio. La decisione è stata messa ai voti e solo una delle ottantaquattro persone presenti si è dichiarata contraria. Tuttavia la decisione doveva essere approvata dai frati della chiesa di Sant'Antonio e padre Pietro Moscardo, custode del convento, lo supplicava al Ministro provinciale, precisando che la confraternita intendeva rialzare la loro casa di riunione, quindi che gli uomini potessero riunirsi in una stanza superiore e le donne in quella inferiore. In cambio la confraternita non aveva alcun obbligo ma prometteva che avrebbero fatto diversi favori al monastero.

L'approvazione è arrivata il 24 maggio successivo, anche perché il nuovo edificio avrebbe contribuito a tutelare l'intimità del monastero proteggendolo dagli occhi dei secolari, impedendo loro di spiare i frati attraverso le finestre del dormitorio che era appena stato costruito.

Poi il 6 maggio 1505 la Confraternita chiese il permesso di costruire una cancelleria accanto all'oratorio di S. Giorgio e, dopo varie liti, a distanza di una quindicina di anni, l'edificio fu completato. Le liti furono continue e nel 1683 il monastero fu costretto a eliminare la stalla con terza ""(stalla) che era addossata alla Scuola.

Ci piace ricordare questa data perché la Scoletta di Sant'Antonio è uno dei luoghi più ricchi d'arte di Padova e anche perché questa Istituzione è ancora molto vitale. Si è dimostrata generosa nel campo della cultura, dell'arte e della solidarietà. Nel 1480, infatti, contribuì alla fondazione della Cappella della Musica nella Chiesa del Santo e, nel 1491, del Monte di Pietà. Nel 1497 pagò una colonna nella chiesa di S. Daniele, aiutò la Serenissima (la Repubblica di Venezia) nella sua lotta contro i Turchi, contribuì alla costruzione del Duomo di Padova, fece costruire l'Ospedale Civile e ampliato e arricchì il Santuario di Sant'Antonio all'Arcella e impiegò quasi tutte le sue entrate in opere di carità.

È molto sintomatico che la Veneranda Arca abbia in questo momento previsto il restauro del cenacolo, affidando questo ""lifting"" dei dipinti alle abili mani di Gianluigi Colalucci, noto fin da ora per aver lavorato al restauro degli affreschi del Cappella Sistina.

La tradizione porta la fondazione della Confraternita a pochi anni dalla morte di Sant'Antonio, ma il primo documento che ne testimonia la presenza risale al 1298. All'inizio i membri si riunivano nella Sala capitolare del monastero, e molto probabilmente a loro si deve un ringraziamento per la commissione delle decorazioni di Giotto. Hanno svolto le loro funzioni religiose nella Cappella della Madonnina Nera, che avevano decorato con la bella statua di RinDolfi wood carvingno da Guascogna (1396).

I primi Statuti che decretarono gli obblighi per i fratelli e le sorelle della Confraternita sono del 1334. Erano guidati da un guardiano, uno per ciascuno dei quattro quartieri della città: Torreselle, Ponte Altinate, Duomo e Ponte Molino. L'iscrizione era vietata a uomini d'armi, soldati, usurai, ubriaconi, bestemmiatori, adulteri, assassini, giocatori d'azzardo e truffatori, perché i membri dovevano condurre vite immacolate. La prima domenica di ogni mese gli uomini partecipavano alla Santa Messa all'Arca della Santa e le donne all'altare di Sant'Orsola, a cui faceva seguito un incontro, al termine del quale venivano distribuiti i pani benedetti.

La festa principale della Confraternita si chiamava Nogara e negli anni i membri svilupparono due importanti forme di devozione: la pratica della tredicina (la preghiera dei Tredici giorni) e il martedì dedicato al Santo. Erano anche molto devoti alla Madonnina, che era particolarmente venerata con il titolo di Immacolata.

Man mano che il numero dei fratelli e delle sorelle cresceva, cominciarono a desiderare di costruire una propria sede e, già il 27 settembre 1398, il notaio Giacomo da Polverara lasciò a questo scopo un'eredità di 25 lire.

Il 12 agosto 1422 la Confraternita acquista una casetta con cortiletto che si affaccia sulla piazza antistante la chiesa di Sant'Antonio. Le donazioni iniziarono ad arrivare costantemente e nel 1431 l'oratorio fu quasi completato e fornito di libri liturgici. Ora ha anche tre altari, quello principale è stato installato nel 1798, e proveniva dalla demolita chiesa di S. Biagio insieme alla pala del Padovanino, che raffigura la Madonnina con Bambino e i santi Biagio e Girolamo. L'altare di sinistra è dedicato a S. Francesco con una tela di Antonio Tentori, mentre l'altare alla destra è consacrato a Sant'Antonio che è rappresentato nella pala d'altare decorata con fiori e dipinti votivi. C'è anche una bella statua lignea dell'Immacolata di Rinaldo Rini, allievo del Canova e un bel Crocifisso ligneo, scolpito da Giovanni Bonazza (1714).

Vi si accede da una scala progettata da Giovanni Gloria nel 1733 fino alla loggia dove stanno benedicendo i fedeli le statue di tre papi (Pio VI, Pio VII e Giovanni Paolo II).

La grande sala riunioni è uno scrigno d'arte, perché qui lavorarono diversi pittori creando quella famosa serie di dipinti nota come ""epopea antoniana"".

Il soffitto a cassettoni è di Giovanni Cavalieri che qui lavorò insieme al pittore Girolamo da Piacenza dal 1506 al 1510. L'altare ligneo custodisce una meravigliosa statua in terracotta della Madonnina col Bambino di Andrea Briosco (1520), con un affresco sullo sfondo di Domenico Campagnola (1533) con le figure dei santi Antonio e Francesco.

La fama della sala deriva dai diciotto dipinti risalenti, tutti tranne uno, all'inizio del Cinquecento e sono opera dei più noti artisti veneti di quel periodo; mostrano scene della vita e dei miracoli di Sant'Antonio.

I più famosi di questi dipinti sono i quattro dipinti dal giovane Tiziano Vecellio (Tiziano) in 27 giorni, iniziandoli nel 1510 e completandoli entro la fine dell'anno. Mostrano ""Il guardiano Nicola da Strà che distribuisce il pane benedetto"", ""Il Santo che fa un neonato testimonia l'innocenza della madre"", ""Il marito geloso che accoltella la moglie"" e ""Il Santo che riattacca il piede di un giovane"". Altri eventi della vita e della predicazione del Santo furono dipinti da Girolamo Tessari, Filippo da Verona, Bartolomeo Montagna, Gian Antonio Corona, Benedetto Montagna, Gian Martino Frangipani, Francesco Vecellio e Antonio Buttafoco (1775). Questi non possono essere paragonati a Tiziano, anche se hanno lavorato al meglio delle loro capacità per dare alla sala un'ottima biografia di Sant'Antonio, indispensabile in quei tempi in cui solo pochissime persone sapevano leggere.

Questo ciclo pittorico, bisognoso di continue attenzioni, ha avuto un'esistenza travagliata a causa soprattutto dell'umidità che sale dal basso e delle infiltrazioni dall'alto. Gli archivi dell'Arca sono ricchi di documenti che parlano di lavori di restauro. Il tetto è stato più volte riparato, i dipinti sono stati ricoperti di tela, l'adiacente sacrestia è stata eliminata (1877) perché causa dell'umidità. Poi con Francesco Zannoni nel 1748, in poi, si iniziò con maggiore o minore successo un lavoro sistematico sui dipinti. Nel 1772 furono affidate a Domenico Buttafoco, nel 1835 a Lorenzo Pinzon, nel 1960 a G. B. Monici, nel 1867 a Guglielmo Botti, nel 1877 ad Antonio Bertolli, nel 1925 ad Angelo Moro e nel 1967 a Leonetto Tintori. Poi Gianluigi Colalucci insieme al figlio Simone ha svolto il lavoro d'urgenza nel 1980.

La decorazione della facciata dell'oratorio, che nel 1773 era stata abbellita in alto con le statue dei santi Antonio, Francesco e Bonaventura, fu rifatta nel 1927 insieme ai lavori sulla parete sud.

Ora la sala superiore è tornata al suo antico splendore, e ora si lavorerà sulla chiesetta al piano terra, continuando così a cantare le meraviglie del Taumaturgo e stimolando i suoi devoti a seguirlo lungo il cammino della perfezione cristiana.
La tradizione porta la nascita della Confraternita a pochi anni dalla morte di Sant'Antonio. Questa istituzione, che è ancora molto vitale oggi, si è dimostrata meritevole sia in arte che in beneficenza.

L'8 aprile, cinquecento anni fa, la Confraternita di Sant'Antonio decise di costruire una nuova Sala Capitolare, innalzando un nuovo piano sopra l'edificio già esistente nella piazza antistante la chiesa di Sant'Antonio, adiacente all'Oratorio di Sant'Antonio. S. Giorgio. La decisione è stata messa ai voti e solo una delle ottantaquattro persone presenti si è dichiarata contraria. Tuttavia la decisione doveva essere approvata dai frati della chiesa di Sant'Antonio e padre Pietro Moscardo, custode del convento, lo supplicava al Ministro provinciale, precisando che la confraternita intendeva rialzare la loro casa di riunione, quindi che gli uomini potessero riunirsi in una stanza superiore e le donne in quella inferiore. In cambio la confraternita non aveva alcun obbligo ma prometteva che avrebbero fatto diversi favori al monastero.

L'approvazione è arrivata il 24 maggio successivo, anche perché il nuovo edificio avrebbe contribuito a tutelare l'intimità del monastero proteggendolo dagli occhi dei secolari, impedendo loro di spiare i frati attraverso le finestre del dormitorio che era appena stato costruito.

Poi il 6 maggio 1505 la Confraternita chiese il permesso di costruire una cancelleria accanto all'oratorio di S. Giorgio e, dopo varie liti, a distanza di una quindicina di anni, l'edificio fu completato. Le liti furono continue e nel 1683 il monastero fu costretto a eliminare la stalla con terza ""(stalla) che era addossata alla Scuola.

Ci piace ricordare questa data perché la Scoletta di Sant'Antonio è uno dei luoghi più ricchi d'arte di Padova e anche perché questa Istituzione è ancora molto vitale. Si è dimostrata generosa nel campo della cultura, dell'arte e della solidarietà. Nel 1480, infatti, contribuì alla fondazione della Cappella della Musica nella Chiesa del Santo e, nel 1491, del Monte di Pietà. Nel 1497 pagò una colonna nella chiesa di S. Daniele, aiutò la Serenissima (la Repubblica di Venezia) nella sua lotta contro i Turchi, contribuì alla costruzione del Duomo di Padova, fece costruire l'Ospedale Civile e ampliato e arricchì il Santuario di Sant'Antonio all'Arcella e impiegò quasi tutte le sue entrate in opere di carità.

È molto sintomatico che la Veneranda Arca abbia in questo momento previsto il restauro del cenacolo, affidando questo ""lifting"" dei dipinti alle abili mani di Gianluigi Colalucci, noto fin da ora per aver lavorato al restauro degli affreschi del Cappella Sistina.

La tradizione porta la fondazione della Confraternita a pochi anni dalla morte di Sant'Antonio, ma il primo documento che ne testimonia la presenza risale al 1298. All'inizio i membri si riunivano nella Sala capitolare del monastero, e molto probabilmente a loro si deve un ringraziamento per la commissione delle decorazioni di Giotto. Hanno svolto le loro funzioni religiose nella Cappella della Madonnina Nera, che avevano decorato con la bella statua di Rinno da Guascogna (1396).

I primi Statuti che decretarono gli obblighi per i fratelli e le sorelle della Confraternita sono del 1334. Erano guidati da un guardiano, uno per ciascuno dei quattro quartieri della città: Torreselle, Ponte Altinate, Duomo e Ponte Molino. L'iscrizione era vietata a uomini d'armi, soldati, usurai, ubriaconi, bestemmiatori, adulteri, assassini, giocatori d'azzardo e truffatori, perché i membri dovevano condurre vite immacolate. La prima domenica di ogni mese gli uomini partecipavano alla Santa Messa all'Arca della Santa e le donne all'altare di Sant'Orsola, a cui faceva seguito un incontro, al termine del quale venivano distribuiti i pani benedetti.

La festa principale della Confraternita si chiamava Nogara e negli anni i membri svilupparono due importanti forme di devozione: la pratica della tredicina (la preghiera dei Tredici giorni) e il martedì dedicato al Santo. Erano anche molto devoti alla Madonnina, che era particolarmente venerata con il titolo di Immacolata.

Man mano che il numero dei fratelli e delle sorelle cresceva, cominciarono a desiderare di costruire una propria sede e, già il 27 settembre 1398, il notaio Giacomo da Polverara lasciò a questo scopo un'eredità di 25 lire.

Il 12 agosto 1422 la Confraternita acquista una casetta con cortiletto che si affaccia sulla piazza antistante la chiesa di Sant'Antonio. Le donazioni iniziarono ad arrivare costantemente e nel 1431 l'oratorio fu quasi completato e fornito di libri liturgici. Ora ha anche tre altari, quello principale è stato installato nel 1798, e proveniva dalla demolita chiesa di S. Biagio insieme alla pala del Padovanino, che raffigura la Madonnina con Bambino e i santi Biagio e Girolamo. L'altare di sinistra è dedicato a S. Francesco con una tela di Antonio Tentori, mentre l'altare alla destra è consacrato a Sant'Antonio che è rappresentato nella pala d'altare decorata con fiori e dipinti votivi. C'è anche una bella statua lignea dell'Immacolata di Rinaldo, allievo del Canova e un bel Crocifisso ligneo, scolpito da Giovanni Bonazza (1714).

Vi si accede da una scala progettata da Giovanni Gloria nel 1733 fino alla loggia dove stanno benedicendo i fedeli le statue di tre papi (Pio VI, Pio VII e Giovanni Paolo II).

La grande sala riunioni è uno scrigno d'arte, perché qui lavorarono diversi pittori creando quella famosa serie di dipinti nota come ""epopea antoniana"".

Il soffitto a cassettoni è di Giovanni Cavalieri che qui lavorò insieme al pittore Girolamo da Piacenza dal 1506 al 1510. L'altare ligneo custodisce una meravigliosa statua in terracotta della Madonnina col Bambino di Andrea Briosco (1520), con un affresco sullo sfondo di Domenico Campagnola (1533) con le figure dei santi Antonio e Francesco.

La fama della sala deriva dai diciotto dipinti risalenti, tutti tranne uno, all'inizio del Cinquecento e sono opera dei più noti artisti veneti di quel periodo; mostrano scene della vita e dei miracoli di Sant'Antonio.

I più famosi di questi dipinti sono i quattro dipinti dal giovane Tiziano Vecellio (Tiziano) in 27 giorni, iniziandoli nel 1510 e completandoli entro la fine dell'anno. Mostrano ""Il guardiano Nicola da Strà che distribuisce il pane benedetto"", ""Il Santo che fa un neonato testimonia l'innocenza della madre"", ""Il marito geloso che accoltella la moglie"" e ""Il Santo che riattacca il piede di un giovane"". Altri eventi della vita e della predicazione del Santo furono dipinti da Girolamo Tessari, Filippo da Verona, Bartolomeo Montagna, Gian Antonio Corona, Benedetto Montagna, Gian Martino Frangipani, Francesco Vecellio e Antonio Buttafoco (1775). Questi non possono essere paragonati a Tiziano, anche se hanno lavorato al meglio delle loro capacità per dare alla sala un'ottima biografia di Sant'Antonio, indispensabile in quei tempi in cui solo pochissime persone sapevano leggere.

Questo ciclo pittorico, bisognoso di continue attenzioni, ha avuto un'esistenza travagliata a causa soprattutto dell'umidità che sale dal basso e delle infiltrazioni dall'alto. Gli archivi dell'Arca sono ricchi di documenti che parlano di lavori di restauro. Il tetto è stato più volte riparato, i dipinti sono stati ricoperti di tela, l'adiacente sacrestia è stata eliminata (1877) perché causa dell'umidità. Poi con Francesco Zannoni nel 1748, in poi, si iniziò con maggiore o minore successo un lavoro sistematico sui dipinti. Nel 1772 furono affidate a Domenico Buttafoco, nel 1835 a Lorenzo Pinzon, nel 1960 a G. B. Monici, nel 1867 a Guglielmo Botti, nel 1877 ad Antonio Bertolli, nel 1925 ad Angelo Moro e nel 1967 a Leonetto Tintori. Poi Gianluigi Colalucci insieme al figlio Simone ha svolto il lavoro d'urgenza nel 1980.

La decorazione della facciata dell'oratorio, che nel 1773 era stata abbellita in alto con le statue dei santi Antonio, Francesco e Bonaventura, fu rifatta nel 1927 insieme ai lavori sulla parete sud.

Ora la sala superiore è tornata al suo antico splendore, e ora si lavorerà sulla chiesetta al piano terra, continuando così a cantare le meraviglie del Taumaturgo e stimolando i suoi devoti a seguirlo lungo il cammino della perfezione cristiana.

Dettaglio & Significato
1) Elementi iconografici e simbolici:
- Statua di Sant'Antonio di Padova.
- Materiale: resina di pasta di legno.
2) Significato religioso:
- Sant'Antonio di Padova: Santo patrono di Padova, noto per i suoi miracoli, la sua predicazione e la sua devozione ai poveri. Simbolo di carità, fede e intercessione.
- Resina di pasta di legno: Materiale che evoca la tradizione artigianale e la naturalità, conferendo un senso di autenticità e calore all'opera.
Storia
Sant'Antonio di Padova, figura venerata, è celebrato da una Confraternita nata poco dopo la sua morte, testimoniando una devozione secolare. Questa istituzione, attiva dal 1298, ha promosso arte e carità, contribuendo a opere significative come la Cappella della Musica e il Monte di Pietà. La sua storia è intrisa di fede, con pratiche devozionali come la tredicina e il martedì antoniano. La Scoletta di Sant'Antonio a Padova, arricchita da opere di Tiziano e altri maestri, narra i miracoli del Santo, rendendolo un punto focale per i fedeli e un simbolo di generosità e cultura. La statua in resina di pasta di legno Dolfi Arte Sacra incarna questa ricca tradizione.
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